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DOMODOSSOLA- 23-07-2015- Dal gruppo del Partito Democratico “Adesso!PerDomodossola” arriva un elogio all'azione governativa, realizzata anche dall'onorevole ossolano Enrico Borghi, per l'apertura fatta da esponenti del Governo di non considerare più un tabù il limite minimo di 500 parti annui per mantenere aperto un Punto Nascite, dovrebbe essere il personale sanitario a ruotare tra più plessi per raggiungere quella quantità di esperienza necessaria per poter anche in piccoli Punti Nascite ad operare in totale sicurezza. Certo se a Roma l'azione è stata sinora incisiva nulla è ancora certo. C'è prima di rivedere il patto Stato- Regione, e poi c'è da scontrarsi con la politica regionale di riassetto della sanità. E giusto pochi giorni fa il Vco ha visto come Torino la consideri, nonostante lo status di Provincia Montana confinante con uno stato ExtraUe il Vco è stato inserito nel “quadrante” con Biella, Vercelli e Novara”, a parte una serie di deleghe: “L'apertura da parte del Governo a riconsiderare il criterio per la sussistenza dei punti nascita di montagna- scrivono da “Adesso!PerDomodossola”-costituisce un indicatore del nuovo e diverso orientamento nel modo di affrontare la questione dei territori disagiati e di cominciare a realizzare una riforma sanitaria che oltre ad essere indispensabile possa essere al contempo sostenibile per i territori stessi. Viene dunque introdotto il principio di "flessibilità ed idoneità" al posto della mera logica numerica che imponeva la soglia di 500 parti all'anno per i punti nascita in zone disagiate, ma viene correttamente posta "la condizione che in tali strutture siano garantiti tutti gli standard organizzativi, tecnologici e di sicurezza". Posto quindi che tale possibilità andrà definita nell'ambito della conferenza Stato Regioni e successivamente dalla Regione, l'elemento che emerge è il delinearsi di un quadro che da una parte crea le condizioni per una riorganizzazione del servizio che chiama il territorio alla responsabilità e capacità di produrre soluzioni alternative e dall'altra sottrae l'argomento principale che in questi anni è stato brandito come motivazione da dirigenti e amministratori, locali e regionali, per arrivare alla chiusura di un servizio essenziale al territorio, senza dimostrarsi capaci di produrre concrete risposte alternative. Ovvio che non siamo alla soluzione del problema, ma in questo modo vengono poste le condizioni per poterla costruire all'interno di una cornice favorevolmente modificata: senza una spada di Damocle sulla testa è più facile ragionare e costruire proposte. In questo quadro si inserisce il solito silenzio di una parte di amministratori che dovrebbero avere un ruolo decisivo nell'indirizzare le politiche sanitarie del territorio e si inseriscono le solite strumentali polemiche della Lega per bocca del segretario De Magistris, il quale finge di non capire che la proposta è quella di derogare al numero dei parti del singolo punto nascite, non alla sicurezza: infatti la condizione per l'apertura che arriva da parte del Governo è che sia mantenuto lo standard organizzativo e di sicurezza, ponendo ad esempio i requisiti in capo alle equipe mediche che dovranno operare su più presìdi ospedalieri e non in capo ai singoli punti nascita. Volontà politica e volontà da parte degli operatori possono trovare un punto di incontro nel trovare soluzioni pratiche per territori montani e hanno la possibilità di realizzare progetti sperimentali che offrano servizi essenziali in piena sicurezza, con buona pace di quelle forze politiche che si sono rivelate incapaci di riorganizzare la sanità della Regione, abbandonandola alla deriva e al dissesto. La differenza tra chi fa polemiche strumentali e chi invece cerca soluzioni realizzabili è netta ed è opportuno rimarcarla: sia il silenzio da una parte che le parole inutili dall'altra non sono più sufficienti a fare politica se mancano le idee o se mancano gli argomenti. Occorre che la politica tracci il perimetro e crei le condizioni, ma il territorio deve dimostrarsi capace di assumere la responsabilità delle proposte concrete. Se non si vogliono decisioni calate dall'alto, occorre al contempo produrre proposte alternative e autonome. Occorre opporre il coraggio delle idee alla retorica del disfattismo.